sabato 11 luglio 2015

L'ORRIDO DI BELLANO

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Si tratta di una gola naturale creata dal fiume Pioverna le cui acque, nel corso dei secoli, hanno modellato gigantesche marmitte e suggestive spelonche. I tetri anfratti, il cupo rimbombo delle acque tumultuose che hanno ispirato moltissimi scrittori, hanno fatto dell'Orrido la località turistica più nota del Lario.

L'orrido è stato da sempre apprezzato dalle ricche famiglie bellanesi del passato, ad esempio i Denti che nel XV secolo sfruttavano già la forza delle cascate del fiume per la lavorazione del ferro. Nel XVII secolo divenne dimora di Cipriano Denti e poi ispirazione del poeta Boldoni. Ad oggi è ispirazione di una "bella" centrale idroelettrica.

La peculiarità dell'Orrido consiste nella possibilità di percorrere un tratto all'interno della gola camminando su passerelle fissate nella roccia, camminando in assordanti meandri che si affacciano su strapiombi vertiginosi.

Il percorso è molto suggestivo, fra cascate e grotte naturali, panorami mozzafiato e una ricca vegetazione, il sole si riflette negli anfrantti, creando bagliori incredibili. La leggenda narra di un guerriero di nome Taino, che la fantasia locale vuole sepolto proprio nelle profondità dell'Orrido di Bellano, insieme al suo immenso tesoro, custoditi da un enorme pietra che ricopre la sepoltura. 
La forza delle acque nei secoli scorsi era utilizzata per la lavorazione del ferro e nella conciatura delle pelli, oggi la potenza della cascata viene utilizzata per alimentare due centrali idroelettriche.

Presenze inquietanti abiterebbero l'Orrido di Bellano, lo spettacolare sistema di gole scavate dal torrente Pioverna. Già il nome del luogo e la morfologia evocano eventi inspiegabili, ma ad alimentare ulteriormente i dubbi circa la presenza di spiriti e fantasmi sono successi anche alcuni episodi al limite del paranormale. 
Negli anni '70 era precipitata e morta una persona; qualcuno ha fotografo tra le rocce e i riflessi delle gocce del fiume sulle pietre come un volto del tutto simile a quello di padre Pio da Pietralcina. 

Le sue acque di un verde opaco e suggestivo si raccolgono nel grande bacino che apre il percorso sono impetuose e rumorose.

La roccia scura, liscia e levigata dall’acqua, modella forme scultoree ora sinuose ora scabre, raggiungendo l’apice della violenza verso metà percorso. Qui l’impressione sarà di assistere al rovesciarsi sul fondo di un’autentica cascata che con impeto fuoriesce dalla montagna. È facile immaginare come l’Orrido sia stato da sempre associato a oscure presenze diaboliche, alimentando un alone di mistero che tuttora l’avvolge: una gola che inghiotte chi osa addentrarvisi. Il passaggio è in alcuni punti tanto stretto che allungando una mano potete quasi toccare la parete opposta, con una sensazione di sottile vertigine. L’effetto svanirà non appena la gola si apre, letteralmente catapultandovi in una valletta verdissima che vi farà dimenticare il lago placido e romantico da cui siete partiti. Lo vedrete apparire, lontano anni luce eppure così vicino, dal punto panoramico in cima a una bella scalinata.



A guardia dell'Orrido, su di una roccia del fiume Pioverana sorge la Casa del Diavolo; una curiosa torretta di cui non si conosce ne l'origine ne la funzione, la torre ad esagono irregolare si eleva su quattro piani collegati tra loro da una scala a chiocciola. 
Si narra che al suo interno si svolgessero licenziosi festini accompagnati da riti satanici ed evocazione del maligno; il suo nome è legato alle figure mitologiche, fra cui un satiro, che decorano la facciata dell'ultimo piano della torre.

Innanzitutto, tra le figure che adornano la facciata, si nota chiaramente un demone armato di forcone, così come ce lo suggerisce l’iconografia comune.



Non è comunque da dimenticare la presenza si uno strano volatile incoronato che alimenta l’atmosfera stregonesca.

Non se ne conosce l'origine e la funzione, già citata nel 1656 né la “Rosa Vermiglia” ma esistente da secoli precedenti e nel 1700 adibita a museo di fossili, risulta inserita nel catasto teresiano al nr. 124 e riprodotta in tutte le pubblicazioni del 1700, 1800 e 1900 relative alle bellezze naturali e paesistiche del Lago di Como tradotte in molte lingue. Il suo nome è legato alle figure mitologiche, fra cui un satiro, che decorano la facciata dell'ultimo piano. Si dice che all'interno si svolgessero licenziosi festini con rituali satanici.  

La torre ad esagono irregolare s'eleva su quattro piani con alcune finestre con ringhiera ed una scaletta a chiocciola interna che collega i piani tra loro.



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