mercoledì 1 luglio 2015

LE INCISIONI RUPESTRI

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Nel corso del tempo, l'uomo ha disseminato il globo di segni grafici (figurazioni dipinte, incise o modellate su qualsiasi supporto abbia avuto disponibile, come per es. la pietra, il legno, la ceramica, il metallo), per attestare e consegnare al tempo ciò che ha visto, pensato, creduto e comunicarlo in questo modo alla divinità o ad altri uomini.

Le incisioni rupestri ne rappresentano la modalità preistorica conosciuta più diffusa.
Le incisioni rupestri sono segni intenzionalmente incavati dall'uomo su superfici rocciose per lo più levigate dai ghiacciai.

Si trovano specialmente su rocce orizzontali o lievemente inclinate, anche se si conoscono rari esempi su parete verticale.

Accettando l'ipotesi che le incisioni fossero probabilmente anche integrate da coloritura, due furono le modalità tecniche impiegate: la percussione, prodotta battendo direttamente o indirettamente sulla superficie con strumenti incisori di pietra (quarzite e selce) o di metallo; il graffito, ottenuto graffiando le superfici con strumenti appuntiti di pietra o di metallo.

Incisioni rupestri sono state e vengono tuttora scoperte negli ambienti più vari (foreste, deserti, vallate, ecc.) di tutti i continenti. Si può normalmente constatare la costanza del trinomio pietra-incisioni-uomo, nel senso che nei luoghi montagnosi frequentati dall'uomo sono state sempre prodotte incisioni rupestri. Se ne deduce che esse non sono espressioni dei soli Antichi Camuni, ma lo sono di tutti i gruppi umani, a prescindere dal tempo e dallo spazio in cui sono collocate.

Esauritasi la Glaciazione Würmiana, la Valcamonica accolse le prime presenze umane fra 14.000 e 10.000 anni fa. I segni considerati unanimemente dagli studiosi i più antichi accertati in Valcamonica sono attribuiti al periodo Epipaleolitico (VII millennio a.C. circa).

I più recenti, esclusi gli atti vandalici delle moderne generazioni, si datano alla fine del XIX secolo.

Nell'incredibile arco di 10.000 anni le incisioni furono prodotte a ritmi intermittenti e con intensità diverse. Non tanto la quantità dunque, quanto la persistenza millenaria della tradizione istoriativa è l'elemento più stupefacente delle incisioni camune, le quali si dispiegano all'interno di un ciclo istoriativo che non ha eguali nella preistoria europea.

Benchè accomunati da una tradizione incisoria costante nei millenni, gruppi umani diversi la attuarono. I Camuni (Camunni), ai quali alcuni autori latini accennarono nel corso del primo periodo imperiale (I sec. a.C.- I sec. d.C.), furono gli incisori dell'età del Ferro.

Le figure ci offrono indizi, ora chiari, ora evanescenti, sulle conoscenze via via acquisite dalle popolazioni del passato, sulle loro attività, abitazioni, attrezzi, credenze. Se ciò consente entro certi limiti una panoramica sulla loro vita attraverso il tempo, non ci spiega tuttavia cosa si nasconda dietro le apparenze dei carri, delle capanne, delle armi, dei labirinti, delle palette...

Qualsiasi segno è per sua natura un messaggio.

La consegna dei messaggi alle pietre rivela intenti di eternità, così come temi e simbolismi dichiarano ambiti immateriali, ove vivono le idee, quelle attinenti alla sfera religiosa dell'uomo (come suggeriscono i riti attorno alle grandi pietre erette dell'età del rame) o a quella della sua laicità (come suggerisce l'esaltazione della virilità, dell'eroismo, del prestigio sociale, della forza armata)

Le incisioni furono realizzate lungo un arco di tempo di ottomila anni, fino all'Età del ferro (I millennio a.C.); quelle dell'ultimo periodo sono attribuite al popolo dei Camuni ricordato dalle fonti latine. La tradizione petroglifica non si esaurì repentinamente: sono state identificate incisioni - anche se in numero assai ridotto, non comparabile con la grandiosa attività preistorica - di epoca romana, medievale e perfino contemporanea, fino al XIX secolo. La maggior parte delle incisioni è stata realizzata con la tecnica della martellina; in numero minore quelle ottenute attraverso il graffito.

Le figure si presentano a volte semplicemente sovrapposte senza ordine apparente, ma spesso invece appaiono in relazione logica tra loro, a illustrazione di un rito religioso o di una scena di caccia o di lotta; tale impostazione spiega lo schematismo delle immagini, ognuna delle quali è un ideogramma che rappresenta non tanto l'oggetto reale, ma la sua "idea". La loro funzione è riconducibile a riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori - dapprima in ambito religioso, in seguito anche laico -, che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti. Tra i segni più noti rinvenuti in Val Camonica spicca la cosiddetta Rosa camuna, che è stata adottata come simbolo ufficiale della regione Lombardia. Nel dialetto locale della Valle Camonica le incisioni rupestri vengono indicate col termine riduttivo di pitoti, ovvero pupazzi.

Negli anni sessanta l'archeologo Emmanuel Anati, tra i primi a studiare sistematicamente il corpus nel suo complesso, stilò una prima cronologia delle incisioni rupestri, comparando lo stile e le tipologie di simboli scoperti e individuando possibili correlazioni con la periodizzazione storica tradizionale, dalla Preistoria al Medioevo.

Le incisioni più antiche risalgono all'Epipaleolitico (o Mesolitico, VIII-VI millennio a.C. circa), qualche millennio dopo il ritiro del ghiacciaio che ricopriva la Val Camonica (Glaciazione Würm), e furono opera di cacciatori nomadi di passaggio, che seguivano gli spostamenti degli animali. Le figure rappresentate infatti raffigurano animali di grandi dimensioni (cervi e alci), che costituiscono le tipiche prede di quel periodo. Sono presenti nel comune di Darfo Boario Terme, nel Parco comunale delle incisioni rupestri di Luine.

Con il Neolitico (V-IV millennio a.C. circa) si diffusero anche in Val Camonica le pratiche agricole, con la formazione dei primi insediamenti a carattere stanziale. Nel campo dell'arte rupestre, a costituire gli elementi principali delle composizioni sono figure umane e insiemi di elementi geometrici (rettangoli, cerchi, puntini, probabilmente interpretabili come rappresentazioni "topografiche" del territorio agricolo), attributi simbolici che completano il significato delle figure antropomorfe. Ve ne sono nella Riserva naturale Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo. Secondo alcuni studiosi peraltro tali figure antropomorfe schematiche (i cosiddetti "oranti") sarebbero da attribuire ad epoche più tarde, e in particolare all'età del Bronzo (II millennio a.C.). In questo modo solo le figure geometriche (le probabili "mappe") rappresenterebbero l'inizio dell'arte rupestre camuna post-paleolitica. Analoga sequenza è presente al Monte Bego (Francia), l'altro grande polo dell'arte rupestre alpina.

Durante l'Età del rame (o Calcolitico, III millennio a.C. circa), comparvero la ruota, il carro e le prime forme di metallurgia. Si assiste nell'arte rupestre alla realizzazione di massi istoriati con simboli celesti, animali, armi, arature, file di esseri umani e altri segni. A questi monumenti, conservati principalmente nel Parco archeologico nazionale dei Massi di Cemmo e in quello di Asinino-Anvòia (Ossimo), si attribuisce una funzione rituale, collegata alla venerazione degli antenati.

Con l'Età del bronzo (II millennio a.C. circa) tra le incisioni su rocce affioranti prende il sopravvento il tema delle armi, a testimonianza del maggior rilievo assunto dai guerrieri nella società camuna del tempo, accanto a quello delle figure geometriche (cerchi e varianti) in continuità con le epoche precedenti.

Le incisioni dell'Età del ferro (I millennio a.C.) sono quelle attribuite al popolo dei Camuni e costituiscono circa il 70-80% di tutte le figure censite. Le opere manifestano l'ideale di virilità e di eroica superiorità cui ambivano; dominano le rappresentazioni di duelli e di figure umane, anche di grandi dimensioni, che ostentano le proprie armi, la muscolatura e i genitali. Sono inoltre presenti capanne, labirinti, impronte di piede, scene di caccia, reticoli e simboli vari. Anche nell'età del Ferro sono presenti composizioni topografiche, risalenti ai secoli centrali del I millennio a.C. (VI-IV sec. a.C.), come nella famosa mappa di Bedolina, dapprima studiata alla fine degli anni '60 del secolo scorso da Miguel Beltrán Llorís e più recentemente da Cristina Turconi per l'Università di Milano, una delle più conosciute rocce incise di tutta la Val Camonica.

Durante la dominazione romana della Val Camonica (I-V secolo d.C.) l'attività petroglifica subì una forte contrazione, fino a entrare in una fase di latenza.

Il Medioevo in Val Camonica segnò una ripresa dell'attività istoriativa; a partire dall'Alto Medioevo sporadiche incisioni, per lo più di simboli cristiani come croci e chiavi, si affiancarono e si sovrapposero a quelli pagani preesistenti, quale tentativo di risacralizzazione di luoghi dei quali si confermava tuttavia il carattere sacro ancestrale.

Le misteriose figure di tali presunti Antichi Astronauti hanno spinto alcuni coraggiosi ricercatori a ipotizzare la venuta sulla Terra, durante il periodo Neolitico, proprio in questa zona, di visitatori extraterrestri. La teoria, molto cara al noto professore russo Aleksandr Kasanzev, ha avuto ampia eco, portando alla scoperta di altre incisioni più o meno simili in aree remote del pianeta: dall’Africa, all’Australia, dalla Francia alla Mesoamerica, fino alle Ande. Come ha ricordato Jacques Bergier nel suo libro “Il Mattino dei Maghi”, sono “ipotesi interessanti, stimolanti, degne di conversazione… ma rimangono soltanto per il momento solo teorie.” Noi possiamo aggiungere che, in ogni caso, nessuno può negare aprioristicamente o confermare l’ipotesi di un presunto contatto, voluto o meno, tra visitatori alieni e le culture Camune della zona.

Presso Capo di Ponte si raccoglie un altro affascinante mistero. Nell’area, facilmente raggiungibile a piedi, esistono interessanti tracce artificiali, composte da strani “canali” scavati profondamente sulla superficie delle rocce. I geologi, dopo attente analisi, hanno escluso che si tratti di processi di corrosione della roccia, ma piuttosto dell’intervento di esseri umani. L’italiano Dario Spada, in un suo interessante studio, riporta i pareri autorevoli di altri ricercatori che si sono concentrati sui “canali artificiali” di Capo di Ponte; secondo questi sarebbero degli “scivoli” della fertilità dove le donne Camune si lasciavano cadere, allo scopo, largamente diffuso nelle comunità neolitiche, di propiziare la nascita di nuovi figli all’interno della tribù.

“Di questi scivoli o canali artificiali ha spiegato il prof. Priuli, direttore del Museo d’Arte Preistorica di Capo di Ponte ve ne sono moltissimi in questa zona e quasi tutti scavati, incisi, in rocce preistoriche. La maggior parte di esse sono però associate anche dalla presenza di coppelle e simboli astrali in fondo o alla loro sommità. Numerosi di questi canali propiziatori con la ricostruzione di antiche costellazioni impersonate mediante lo scavo delle coppelle, sono presenti anche in Piemonte e in Valle d’Aosta. E secondo alcune dicerie locali, verrebbero ancora usate a tutt’oggi, dalle donne della zona”. A tutti gli effetti, l’area della Valcamonica è il più grande Parco Preistorico d’Italia e d’Europa.

L'uomo sarebbe il risultato di creazione guidata o esperimenti genetici condotti da extraterrestri sugli ominidi (che fino a quel punto si sarebbero evoluti naturalmente sulla Terra in concordanza con la Teoria di Darwin e dunque senza nessuna apparente contraddizione) al fine di farle evolvere in tempi rapidi: adattamento evolutivo e neocreazionismo dunque sarebbero veri entrambi. Il principale argomento a sostegno di questa idea è il tempo relativamente breve impiegato dall'Homo sapiens (300.000 anni) per giungere al livello mai raggiunto da altri organismi che esistono da centinaia di milioni di anni.
L'uomo avrebbe avuto contatti con extraterrestri sin dalle ere più antiche. Questi esseri sarebbero le divinità delle società antiche e sarebbero stati raffigurati in diversi dipinti ed opere d'arte, sia nell'antichità (egizi, maya, aztechi, popoli della Mesopotamia, romani) sia in epoca medioevale. Altri indizi sono celati in testi religiosi, come la Bibbia, o in opere di carattere storico. Dipinti rinascimentali e medievali, specie a carattere religioso, raffiguranti Dio, il Figlio e gli angeli, mostrerebbero in cielo delle navicelle spaziali, a volte addirittura con degli angeli guidatori.
Il ritrovamento di "oggetti fuori posto", in quanto "fuori dal tempo", vedrebbero l'uomo e la sua tecnologia molto più antichi rispetto a ciò che l'archeologia canonica afferma.

In tutte le civiltà tradizionali il Serpente è sempre stato un simbolo di grande rilievo. Solo nella Bibbia questo essere simbolico ha un aspetto negativo: egli è antitetico al Dio creatore e spinge Adamo ed Eva alla disobbedienza. Nella cultura cristiana è simbolo dell'astuzia che incita al peccato: la Vergine lo schiaccia sotto il piede.

Per gli Gnostici cristiani, invece, il serpente è il simbolo della conoscenza, della Gnosi: egli apre gli occhi ad Adamo ed Eva e li induce a disubbidire ai comandi del Dio creatore: un Dio geloso, arrogante, vendicativo, "ignorante" di tutto ciò che vi è al di sopra di lui. Mangiando il frutto dell'Albero della Conoscenza, essi conoscono la Verità: il Dio creatore è un Dio inferiore, un aborto generato da un turbamento del Pleroma, la realtà superiore emanata dall'Uno inconoscibile.
Nell'antico Egitto il Serpente era raffigurato nel copricapo del Faraone, sinonimo di Saggezza e Conoscenza.

Nella filosofia dello Yoga indiano il serpente arrotolato e addormentato è il simbolo di Kundalini: la conoscenza addormentata che risiede alla base della colonna vertebrale. Con le tecniche Yoga essa viene gradualmente risvegliata e risale lungo la Shusumna attraversando i Chakra fino a giungere all'ultimo nodo alla sommità del capo. Essa risveglia i singoli Chakra e giunta al settimo completa il suo risveglio, portando l'individuo nello stato che viene comunemente definito realizzazione del sé o illuminazione.

In quasi tutte le civiltà dell'America precolombiana veniva adorato il Serpente Piumato. Questa divinità era adorata con nomi diversi da olmechi, mixtechi, toltechi, aztechi, maya e quichè. Era la divinità che aveva portato la conoscenza agli uomini. Presso gli Aztechi il suo nome era Quetzalcoatl ed era il Signore del Sapere. I Maya lo chiamavano Kukulkan, i Quichè Gukumatz. Quetzalcoatl insegnò agli uomini a misurare il tempo e capire le stelle e stabilì il corso dell’anno e delle stagioni; insegnò anche a coltivare il mais. Secondo la leggenda, Quetzalcoatl scomparve in cielo, ma un giorno ritornerà.
Nei Tarocchi troviamo il serpente nell'Arcano Maggiore dell'Eremita. Egli, simbolo della conoscenza, precede l'Eremita nel suo cammino verso l'illuminazione.

Il Dio Mercurio veniva spesso raffigurato con in mano il caduceo: due serpenti attorcigliati attorno ad un bastone. Questo stesso simbolo, prima che di Mercurio, era caratteristico di Ermete Trismegisto, il mitico personaggio che insegnò all'Umanità la via segreta alla conoscenza agli albori della civiltà. Il caduceo rappresentava la sintesi del sapere universale.
Concludendo possiamo affermare che il significato tradizionale del simbolo del serpente è quello della Conoscenza Suprema, obiettivo finale di tutte le scienze esoteriche.
Tra le numerose sette gnostiche del II° secolo, gli Ofiti, detti anche Naasseni, veneravano specificatamente il Serpente.
Il Serpente era ritenuto elargitore agli uomini della conoscenza del Bene e del Male preclusa dal Dio del Vecchio Testamento, creatore del mondo, ma, ritenuto dalla Gnosi, inferiore al Dio supremo.

Secondo gli Ofiti, il Serpente era stato mandato da Sophia (la Sapienza) per convincere gli uomini a mangiare il frutto proibito della Conoscenza per rendersi conto di livelli divini ben superiori a quelli del loro creatore: il Serpente è colui che dà la Gnosis, la conoscenza illuminata del bene e del male; è il Serpente l’elemento positivo al quale rendere culto e rivolgersi come via per la salvezza. Una redenzione che può venire raggiunta, proprio con il disprezzo della carne, della materia, anche attraverso il libertinismo più perverso.
Nella loro Dottrina il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l’uomo al di là del bene e del male, al di là della "legge", al di là del Dio antico, nemico della libertà.
La maggior parte delle opere degli Ofiti sono state distrutte dalla Chiesa Cattolica e quel poco che sappiamo di loro è dovuto o a pochi ritrovamenti tra gli scritti di Nag Hammadi o a quanto scritto contro di loro dai Padri della Chiesa.
Nell'opera "Adversus Haereses (contro gli eretici)" di S. Epifanio troviamo la citazione di uno dei pochissimi scritti originali degli Ofiti che ci sono pervenuti:
"Noi veneriamo il Serpente, perché Dio ha fatto per suo mezzo la Gnosi per l’umanità. Ialdabaoth (il Demiurgo, che era il ‘dio degli ebrei’) non ha avuto rapporti con gli uomini e non ha alcuna connessione con la Madre o il Padre in alto. Fu il Serpente che, con la tentazione, ha portato loro la Gnosi; ha insegnato all’uomo e alla donna la completa conoscenza dei misteri dall’alto. Per questo motivo suo padre Ialdabaoth è impazzito di furore, e l’ha cacciato giù dal cielo".
In questa caso i serpenti riportati rappresentano con ogni probabilità il simbolo di Enki, quindi l'immagine sembra raffigurare la creazione dell'uomo da parte degli Anunnaki/Elohim, descrizione che troviamo sia nei testi sumeri che nella Bibbia.

In molte culture la tartaruga è considerata punto di partenza dell' evoluzione, inizio della spiritualizzazione della materia.
Chaac è il nome della divinità Maya della pioggia. Con la sua ascia di luce Chaac colpisce le nuvole producendo fulmini e pioggia. Chaac corrisponde a Tlaloc per gli Aztechi.

Era una divinità particolarmente venerata tra i popoli di cultura Puuc, abitanti di zone caratterizzate da una carenza di precipitazioni.
Sue raffigurazioni si possono osservare in numerosi siti archeologici maya tra cui Uxmal, Sayil, Kabah e Chichén Itzá.

Chaac è spesso raffigurato con un corpo umano coperto di squame di rettile o anfibio, con una testa non umana con delle zanne e un lungo naso penzolante. Spesso porta uno scudo e un'ascia di luce. Inoltre la tartaruga ha un importante significato simbolico nella cosmogonia maya, in quanto nutrice del dio del mais, origine della vita.
«La tartaruga, con il suo guscio tondo (simbolo geometrico del Cielo) che sormonta un carapace quadrato (simbolo geometrico della Terra), esemplifica la struttura cosmica . Per questo è un animale sacro sul cui guscio si leggono i Bagua (trigrammi dell'Yijing). Rinomata per la sua memoria e fedeltà, la tartaruga è simbolo per eccellenza di longevità, sia per il suo 'prendersela con calma' principio base di molte tecniche di lungavita sia perché la sua forma corporea esprime l'unione armonica tra il cielo e la terra»

L’animale “che vive nella melma” era anche il simbolo dell’attaccamento alla terra ma, poiché col suo guscio si poteva fabbricare uno strumento musicale a sette corde, era anche in grado di rallegrare il cuore. La funzione protettrice del suo guscio era già nota nei riti magici dell’antichità come difesa dalla grandine e dagli incantesimi.
Nell’arte e nella mitologia dell’antico Messico le tartarughe marine erano le cavalcature di mitici antenati.
In India la tartaruga (Kurma) era considerata la seconda personificazione del dio Vishnu.

Presso le etnie dei Dogon e dei Barbara, in Africa, la tartaruga era il simbolo della volta celeste, di potenza, saggezza e avvedutezza ed era quindi tenuta in grande considerazione; in alcune aree del Camerun, gli “sgabelli di giustizia” erano a forma di tartaruga, perché si ritenevano così in grado di smascherare le bugie dell'interrogato.

Il Sole, adorato da quasi tutti i popoli antichi simboleggia la saggezza, l’amore e l’intelletto. In senso più ampio, il Sole rappresenta la parte maschile e si erge a simbolo dell’origine e della ragione che porta luce ove domina il buio e illumina l’intelletto.

La Luna, invece, rappresenta l’oscurità e la mutabilità delle forme. Espressione del lato femminile, la Luna rappresenta la figura materna che si palesa con il suo movimento crescente e calante regolatore dei ritmi naturali. Il movimento della Luna si contrappone a quello del Sole in cui la sua dinamica è puramente assiale, seguendo la corrispondenza Sole-Spirito-Fuoco.

Visitando il sito di Kivik, circa 80 chilometri a sud di Simrishamn, in Svezia, si notano, sulle pareti interne di un sarcofago di pietra dell’Età del Bronzo, cerchi e semicerchi, simboli di divinità simili a quelle della Valcamonica e sfere volanti. Ancora in Svezia, nei dintorni di Tanum, gli antichi abitanti dovrebbero essere stati testimoni di ripetuti avvistamenti di “sfere volanti” dotate di raggi abbaglianti. Immagini pressoché identiche sono state scoperte nei siti archeologici di Fuencaliente in Spagna, a Santa Barbara e presso Inyo County, in California (USA). Interessantissime sono le pitture rupestri dell’altopiano del Tassili, Sahara meridionale, in Africa. Qui, sono visibili da migliaia di anni, insieme a figure umane perfettamente stilizzate, altre “sagome” di creature vagamente umanoidi accompagnate da oggetti e sfere volanti di fogge e dimensioni diverse. Spostandoci più a est, nell’attuale Uzbekistan, uno sconcertante disegno rupestre mostra un astronauta in tuta spaziale sul quale campeggia, sospesa nel cielo dipinto sullo sfondo, una nave discoidale che ricorda gli attuali UFO. E ancora: in Australia, presso il distretto di Kimberley Ranges, nitide pitture rupestri ritraggono un Wondjina, l’essere sovrannaturale privo di bocca, con una specie di casco (altro riferimento agli “spaziali” della Valcamonica), su cui appaiono delle scritte (altri ricercatori lo interpretano come una “aureola fiammeggiante”). Alla sinistra dell’essere sono presenti anche sfere o cerchi (per lo studioso di Paleoastronautica Ulrich Dopatka appaiono come dei numeri 0) disposti rispettivamente in tre righe di 21, 24 e 17 per un totale di 62 cerchi, il cui significato rimane tutt'ora ignoto.





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