domenica 12 luglio 2015

L'OCEANO TETIDE

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La formazione geologica del Mediterraneo ha origini antichissime ed è il risultato di un’evoluzione piuttosto complessa. Per comprendere quanto è accaduto dobbiamo rifarci a circa 230 milioni di anni fa, quando tutte le terre emerse erano riunite in un unico continente, Pangea, ed esisteva un solo vastissimo oceano denominato Panthalassa. Questo presentava già allora un grande golfo equatoriale con acque relativamente poco profonde e ricco di vita: Tetide. Secondo le ormai note teorie della deriva dei continenti e della tettonica a placche, Pangea si separò in due grandi blocchi continentali: Laurasia a Nord, comprendente l’America settentrionale l’Europa e l’Asia, e Gondwana a Sud comprendente l'America meridionale, Africa, Oceania e Antartide. Tetide si espanse e questi due grandi blocchi continuarono a frammentarsi ed allontanarsi fino a formare gli attuali continenti ed oceani.

Il processo di espansione della Tetide si arrestò nel Cretaceo inferiore, circa 130 milioni di anni fa, e il moto fra le placche Africana ed Eurasiatica si invertì. L’avvicinamento e la rotazione in senso antiorario dell’Africa nonché l’inserimento dell’India provocarono successivamente la chiusura ad oriente della Tetide. Circa 45 milioni di anni fa (Eocene) l’Africa e l’India entrarono in collisione con l’Europa e l’Asia, dando avvio alla formazione delle catene delle Alpi e dell’Himalaya tuttora in corso. Già allora l’estensione dell’originale Tetide era ridotta a poco più dell’attuale Mediterraneo.

Nel lato occidentale i processi tettonici furono caratterizzati dall’apertura del canale di Valencia, con la formazione del promontorio balearico, e dalla rotazione del blocco Sardo-Corso, una volta attaccato alla costa provenzale. Queste fasi si svolsero dai 30 ai 13 milioni di anni fa.

Ancora più recente, ultimi 10-15 Ma, è la formazione degli Appennini e l’apertura del Mar Tirreno. Nella porzione meridionale di questo giovane bacino troviamo fosse oceaniche profonde oltre 3600 m e imponenti montagne sottomarine di origine vulcanica. A sud, a testimonianza dell’attuale attività tettonica, che prevede la subduzione della placca africana sotto quella europea, troviamo l’arco vulcanico delle Isole Eolie.

Alla fine del Miocene (6-7 milioni di anni fa) si verificò un importante episodio nella storia geologica del nostro mare: a causa del continuo avanzamento dell’Africa contro l’Europa si chiuse lo stretto di Gibilterra, che assicurava il collegamento con l’Oceano Atlantico, e il Mediterraneo diventò in breve tempo un immenso lago salato. Nel Mediterraneo, fino ad allora, le acque erano ben ossigenate, con una salinità intorno al 35 ‰ e una temperatura decisamente più alta dell’attuale, consentendo così l’esistenza di numerosi organismi tipici degli ambienti tropicali di oggi, come madrepore ermatipiche e nautili. La chiusura del collegamento con l’Atlantico determinò la cosiddetta "Crisi di salinità" del Messiniano durante la quale vi fu un profondo deficit idrologico, con la conseguente deposizione di enormi quantitativi di "sali" come se si trattasse di una immensa salina. Mentre l’acqua evapora i sali si concentrano e, a partire dai meno solubili, precipitano: nell’ordine i carbonati, i solfati di calcio, il salgemma (cloruro di sodio) e per finire i restanti cloruri e solfati. La crisi durò appena un milione di anni e, probabilmente a seguito di variazioni eustatiche del livello marino, comprese vari inondamenti con acque Atlantiche e successivi prosciugamenti del bacino. Si formarono così depositi di "evaporiti" con enormi spessori che ancora oggi si trovano sotto i sedimenti marini più recenti. Testimonianze emerse dei depositi messiniani sono rappresentate ad esempio dagli affioramenti dalla famosa "vena del gesso" che decorre lungo gli Appennini centro settentrionali.

Lo stretto di Gibilterra si riaprì definitivamente 5 milioni di anni fa permettendo il reingresso delle fredde acque Atlantiche e delle relative forme di vita. Si depositarono allora sopra alle evaporiti sedimenti argillosi e calcarei, ricchi di foraminiferi.

Attualmente, il Mar Mediterraneo, con la sua lunghezza massima di oltre 3800 km e la larghezza massima di 1800 km, rappresenta circa l’1 per cento della superficie liquida della Terra. Ha una profondità media di 1370 m ed una profondità massima di 5120 m a sud della Grecia. I margini continentali sono estesi soltanto nel Mar Adriatico, nel Golfo della Sirte e alla foce del Nilo, zone dove sono meglio rappresentate sia le risorse biologiche sia quelle minerarie. Il ricambio idrico del bacino attraverso lo stretto di Gibilterra, largo appena 13 km e profondo circa 300 m, è estremamente lento: le acque superficiali sono ricambiate ogni 80-90 anni mentre si stima che l’intero volume venga rinnovato in un arco di tempo di circa 7500 anni. La fase geologica attuale, vede la divergenza della placca araba da quella africana e la subduzione di quest’ultima nei confronti della placca europea; il bacino è inoltre soggetto al movimento rotatorio antiorario delle microplacche iberica e sardo-corsa.

Il nome deriva dalla dea greca Teti, sorella e moglie di Oceano e madre di svariate divinità fluviali e sorgive.

La ninfa Teti, particolarmente venerata in Tessaglia, interviene episodicamente nelle vicende di molti mitici personaggi, ma la sua figura è principalmente quella di sposa di Peleo e madre di Achille.

Era la più bella delle cinquanta Nereidi, le naiadi figlie di Nereo e Doride. Poseidone avrebbe voluto sposarla e anche Zeus l'avrebbe voluta per sé; ma siccome le Moire avevano profetizzato che il figlio di Teti avrebbe acquistato maggiore fama del proprio padre, Poseidone rivolse le sue attenzioni ad Anfitrite, sorella di Teti.

Zeus scelse come compagna Era e impose a Teti di sposare Peleo, il più nobile degli uomini, il quale però faticò non poco per farsi accettare da Teti. Si appostò sulla spiaggia di un'isoletta della Tessaglia dove la ninfa era solita recarsi a cavallo di un delfino per riposarsi in una grotta, la assalì appena ella si fu addormentata ed ebbe ragione di lei, nonostante che ella si trasformasse senza posa in fuoco, acqua, leone e seppia, una seppia che inzuppò completamente il povero Peleo con un fiotto d'inchiostro.

Per le nozze, che ebbero luogo sul monte Pelio, di fronte alla grotta del centauro Chirone, furono organizzati festeggiamenti grandiosi: oltre ai dodici dei dell'Olimpo assisi sui loro troni, vi presero parte le Moire e le Muse, le cinquanta Nereidi e i Centauri che reggevano splendenti torce di legno d'abete.

In quell'occasione Poseidone donò agli sposi i cavalli di Achille, Balio e Xanto. Erano, questi, figli di Zefiro e dell'arpia Podarge ed erano immortali (Achille aveva un terzo cavallo, Pedaso, ma questo mortale) e furono ripresi da Poseidone dopo la morte di Achille.

Secondo una delle leggende, Balio, nel suo dolore per la morte di Achille, vorrebbe fuggire la società umana, ma le Moire vogliono che serva anche a Neottolemo e lo porti più tardi nell'Elisio. Xanto nell'Iliade (XIX, 408-417) parla ad Achille predicendogli il destino di morte.

Eris (la Discordia), sdegnata per non essere stata invitata alle nozze, gettò sulla tavola del banchetto un pomo sul quale era scritto "Alla più bella", che sollevò la famosa disputa per l'assegnazione del premio, che verrà poi portata sul monte Ida, dove Paride, figlio di Priamo, avrebbe fatto da arbitro, creando le premesse per la guerra di Troia.

Teti cercò di rendere immortali i primi sei figli avuti da Peleo immergendone i corpi nel fuoco, ma Peleo riuscì a sottrarle l'ultimo nato, Achille, prima che la dea completasse il rito magico che avrebbe dovuto renderlo immortale. Uno dei talloni del piccino si era già bruciato e il centauro Chirone, che s'intendeva di medicina, pregato da Peleo, sostituì l'osso danneggiato, prendendo quello corrispondente dallo scheletro del gigante Damaso, che da vivo era stato invincibile nella corsa (ciò che spiega le doti di corridore di Achille "pie' veloce"); il tallone di Achille però rimase vulnerabile, a differenza del resto del corpo, perché la madre, compiendo il suo magico rito, non aveva fatto in tempo a spalmarlo solo in quel punto con l'ambrosia, che usava per renderlo invulnerabile.

Un'altra tradizione più accreditata e seguita dal Rubens in un suo dipinto spiegava la vulnerabilità del tallone di Achille col fatto che Teti, che intendeva renderlo invulnerabile immergendolo nello Stige, e non nel fuoco, reggeva il bambino per un piede, che quindi rimase asciutto, quando lo tuffò nelle acque del fiume infernale.

Quando, all'approssimarsi della guerra di Troia, Calcante predisse che quella città non sarebbe stata mai presa senza la partecipazione di Achille, Teti - per sottrarlo alla morte prematura che, come ella sapeva, gli era riservata dal Fato - cercò di nasconderlo mandandolo a Sciro alla corte del re Licomede e mescolandolo, irriconoscibile in abiti femminili, alle figlie del sovrano.

Ma l'astuto Ulisse smascherò l'inganno e Achille volle partire per la guerra; per tutta la durata di essa la madre Teti fu al suo fianco nel dargli consigli e assistenza amorosa, e gli fornì una nuova armatura quando egli decise di tornare in campo ad affrontare Ettore per vendicare l'uccisione dell'amico Patroclo, al quale aveva ceduto le armi dategli dal padre Peleo.

Morto Achille, Teti raccolse le sue ceneri insieme a quelle di Patroclo in un'urna che, forgiata da Efesto, le era stata donata per le sue nozze, e guidò l'anima del figlio alla boscosa isola di Leuca, di fronte alle foci del Danubio. Poi si recò nel luogo del suo primo incontro con Peleo e lo portò con sé negli abissi, dove avrebbe ottenuto l'immortalità anche per lui. Sennonché egli l'abbandonò per raggiungere la terra dei Molossi, dove sperava di rintracciare Neottolemo, il figlio di Achille, e perse irrimediabilmente quella possibilità: fece naufragio e morì presso l'Eubea.

Ritroviamo Teti in molte altre leggende. Recò aiuto, per esempio, agli Argonauti, guidandone la nave Argo oltre le rocce infocate delle Simplegadi (le isole vulcaniche di Lipari) verso lo stretto di Messina.

Accolse nella sua grotta marina Dioniso che, inseguito dagli uomini di Licurgo, re degli Edoni, si era gettato in mare. Soccorse anche Teseo che, tuffatosi in mare per ripescare l'anello gettatovi da Minosse (dimostrando in tal modo di essere figlio di Poseidone), non solo recuperò l'anello, ma riemerse dalle acque con un dono in più da parte di Teti: la corona d'oro datale come regalo di nozze da Afrodite, che più tardi verrà indossata da Arianna.

Fu ancora Teti a liberare Zeus, che era stato legato al letto con lacci di cuoio annodati cento volte dagli altri dei, stanchi della sua superbia: temendo lo scompiglio che si sarebbe prodotto sull'Olimpo per stabilire a chi spettasse il trono di Zeus, Teti chiamò il centimane (Ecatonchiro) Briareo, che sciolse velocemente tutti i nodi, liberando Zeus.

Riporta infine Omero che Teti e la ninfa Eurinome raccogliessero il piccolo Efesto, scaraventato in mare dall'Olimpo da Era, quando si era resa conto di aver dato alla luce un esserino gracile e bruttino.

Nella grotta sottomarina delle due ninfe, Efesto prese a fabbricare per loro ogni sorta di splendidi monili; ammirando una spilla indossata da Teti, Era venne a conoscenza delle prodigiose capacità di quel figlio che aveva tanto disprezzato; lo ricondusse pertanto nell'Olimpo, gli allestì una fucina con ben venti mantici che soffiavano notte e giorno e lo maritò ad Afrodite.






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