« Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo non si fece molto aspettare. Appena gli parve ora di poter, senza indiscrezione, presentarsi al curato, v'andò, con la lieta furia d'un uomo di vent'anni, che deve in quel giorno sposare quella che ama. Era, fin dall'adolescenza, rimasto privo de' parenti, ed esercitava la professione di filatore di seta, ereditaria, per dir così, nella sua famiglia; professione, negli anni indietro, assai lucrosa; allora già in decadenza, ma non però a segno che un abile operaio non potesse cavarne di che vivere onestamente. Il lavoro andava di giorno in giorno scemando; ma l'emigrazione continua de' lavoranti, attirati negli stati vicini da promesse, da privilegi e da grosse paghe, faceva sì che non ne mancasse ancora a quelli che rimanevano in paese. Oltre di questo, possedeva Renzo un poderetto che faceva lavorare e lavorava egli stesso, quando il filatoio stava fermo; di modo che, per la sua condizione, poteva dirsi agiato. E quantunque quell'annata fosse ancor più scarsa delle antecedenti, e già si cominciasse a provare una vera carestia, pure il nostro giovine, che, da quando aveva messi gli occhi addosso a Lucia, era divenuto massaio, si trovava provvisto bastantemente, e non aveva a contrastar con la fame. »
Renzo Tramaglino è il tipico rappresentante della gente umile, laboriosa, schietta e onesta; di lui il Manzoni ammira la sensibilità morale e religiosa, la fiducia nella Provvidenza, il senso quasi istintivo della giustizia. Il Sapegno definisce Renzo "la figura più lieta e franca, la più convincente che il Manzoni abbia saputo inventare". Rimasto orfano fino dall'adolescenza, solo, senza guida cresce laborioso e integro, pratica la virtù e l'onestà per quella legge misteriosa che è in ogni uomo. Davanti allo spettacolo di violenze e di soprusi reagisce e nell'ansia di giustizia non bada a ricorrere ai mezzi più energici, per far cantare il curato che con pretesti assurdi cerca di persuaderlo a rimandare il matrimonio. Renzo è un agnello, ma esplode in minacce, quando si accorge di essere vittima della prepotenza, dell'inganno e dell'infame capriccio di un tirannello. Il suo carattere impulsivo lo spinge ad accarezzare bieche fantasie, ma basta il ricordo di Lucia a ricondurlo a pensieri di mitezza, basta la calda parola di padre Cristoforo perché l'ira ribelle del giovane si plachi e l'animo si disponga al perdona. L'ingiustizia e la vitalità degli uomini determinano il crollo del suo sogno di sposo felice; l'impulsività e l'istintiva reazione lo cacciano in una serie di guai, che iniziano nello studio del dottor Azzeccagarbugli, per continuare nella notte degli imbrogli col tentativo del matrimonio segreto e con la fuga, e che si fanno sempre più gravi a Milano nella giornata della sommossa di San Martino, cui segue l'avventura nell'osteria della luna piena, il triste risveglio il mattino dopo, la fortunosa fuga e l'esilio nel territorio di Bergamo. Ma in tutte le sue disavventure, anche in quelle che gli capiteranno più tardi a Milano, quando ritorna per cercarvi Lucia, dimostra ora prontezza e ardire, ora accorgimento e prudenza, ora coraggio e audacia. Offeso e contrariato nel suo amore diventa un leone, si fa cattivo; leso nei suoi diritti non sa contenersi, l'ira lo travolge, non si rassegna supinamente ad essere vittima del male, dell'ingiustizia. Lucia è in cima a tutti i suoi pensieri, né vuol sentire alcuna ragione, quando gli viene scritto di mettere il cuore in pace per via del voto. Nell'incontro con Lucia al lazzaretto Renzo, dopo la sua lunga odissea di guai, dopo le sue furie, dopo le scapataggini, è come fuor di sé dalla gioia e tocca il sublime: il dolore, l'amore gli mettono sulle labbra parole semplici, ma di un profondo significato. Il suo discorso è non solo il grido di chi nell'attesa ha sofferto, non solo il grido potente della sua passione, ma la protesta contro la nuova ingiustizia che gli si vuol far subire. Dal suo animo esasperato prorompono parole spontanee, ma tali che assumono una solennità tragica; Lucia profondamente scossa piange e prega. Alla fine il nostro Renzo è felice. Ha avuto fiducia nella Provvidenza e Dio lo ha premiato; questo uomo davvero onesto e veramente galantuomo fra tanti galantuomini, ai quali il Manzoni lascia la maschera che si sono costruita, ha finito coll'amare il latinorum per amore della sua Lucia, quando finalmente divenne la sua sposa e la madre dei suoi figli.
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