venerdì 3 luglio 2015

I MASSI DI CEMMO

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Nella piccola valle di Pian delle Greppe, a poca distanza dalla frazione omonima di Capo di Ponte, sorge il Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo. Un’area archeologica non solo di grande suggestione per il contesto naturale, ma anche di grande importanza nella storia degli studi dell’arte camuna. La segnalazione dei massi, infatti, avvenuta nel 1909 ad opera del giovane geografo Gualtiero Laeng, costituisce la prima menzione di incisioni rupestri nella Valle Camonica. Da allora sono stati numerosi gli studiosi che hanno condotto indagini nell’area o hanno proposto un’analisi delle istoriazioni. A partire dalle ricerche di Emmanuel Anati per il Centro Camuno di Studi Preistorici (1962) fino agli interventi che la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia ha avviato a partire dai primi anni ’80, in occasione di lavori pubblici nell’area. Proprio le ultime indagini, promosse in previsione della creazione del parco (inaugurato nell’ottobre del 2005), hanno finalmente permesso la ricostruzione della complessa e lunga storia del sito.

Si tratta di due imponenti massi di arenaria distanti circa quindici metri l’uno dall’altro, le cui pareti sono ricoperte di innumerevoli incisioni che vanno a creare alcune composizioni tra le più curiose e varie. Tra i due massi, nello spazio che li separa, è stata rinvenuta una linea di grosse pietre ed una serie di ocre probabilmente utilizzate dagli antichi camuni per dare un tocco di colore alle figure incise.
Gli scavi archeologici che vennero portati avanti con grande impegno a partire dagli anni ’90 e che continuano ancora oggi, hanno portano alla scoperta di numerosi altri frammenti riconducibili ai due massi principali ed ipoteticamente appartenenti al progetto di un vero e proprio santuario di cui i Massi 1 e 2 costituivano probabilmente solo una piccola parte.
Attualmente soltanto due pietre (Cemmo 3 e 4) sono visibili presso l’Antiquarium del Parco di Naquane, mentre i reperti più recenti sono ancora sottoposti ad attenti programmi di studio e di restauro.

L’origine di questo avvallamento sembra parte di un sistema di contropendenze formatesi probabilmente al ritiro del ghiacciaio, intorno a 20.000 - 16.500 avanti Cristo.

I due massi di Cemmo sono ubicati alla base della parete rocciosa, da cui si erano staccati a seguito di una frana probabilmente verificatasi nella prima metà dell’Olocene.

Già nell’età del Ferro (I millennio a.C.) la piana risulta occupata da prati e pascoli con condizioni più umide di quelle attuali, come suggerisce la relativa abbondanza di Cyperaceae (erbe palustri). Successivamente, arature sistematiche sembrano aver provocato un lento movimento di materiali colluviali fini dal bordo della piana verso il centro.
Nella prima metà del XX secolo la piana ed i terrazzamenti occidentali risultano coltivati a vite e con alberi da frutta.

La costruzione nel 1973 di una nuova strada per il cimitero, posto all’estremità Nord, in sostituzione dell’antica mulattiera medioevale, ha provocato l’eliminazione dei terrazzamenti localizzati su quel versante.

Nel 1978 vengono realizzati lavori di splateamento e di riporto di materiale da altre zone per la costruzione di un campo di calcio.

Nell’ambito del progetto del Parco Archeologico la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, tra il 1998 e il 1999, sulla base della ricostruzione geomorfologica e del preliminare studio palinologico, ha realizzato il ripristino del sito, mediante l’asportazione degli strati di riporto stesi negli ultimi decenni ed il rimodellamento delle parti vistosamente ribassate, in modo da ricostruire la situazione morfologica consolidatasi fino alla metà del Novecento attraverso i vari interventi antropici, pre-protostorici e storici.

L'area dei due massi, precipitati dalla parete retro­stante a seguito di una frana probabilmente verificatasi all'inizio dell'Olocene, risulta già frequentata nel Mesolitico Antico (circa IX millennio a.C.), e poi nel Neolitico Recente (IV millennio a.C.). Tuttavia si può parlare con certezza di una sacralizzazione del sito solo nell'età del Rame (III millennio a.C.), quando i due massi furono incisi. Ad essi si aggiunsero, verso la fine del medesimo periodo, le stele "Cemmo 3" e "Cemmo 4" e buona parte delle altre di recente rinvenute, nessuna delle quali conservata in situ.
La zona antistante i massi, in una fase piuttosto antica dell'età del Rame, sembra perimetrata da tre solchi di aratura e lo spazio così circoscritto risulta connotato da stele, sistemate in fosse delimitate da pietre di cui restano tracce.

Nell'età del Bronzo (II millennio a.C.) fu costruito un recinto murario che monumentalizza lo spazio sacro e ne ripercorre l'andamento semicircolare. Alla base del muro si trovano, riutilizzati come materiale da costruzione, alcuni grossi frammenti di stele.

Una nuova frequentazione dell'area è testimoniata nella media ed avanzata età del Ferro (V/IV-II/I sec. a.C.), quando il santuario viene ristrutturato: il recinto murario viene rialzato e prolungato a perimetrare anche l'area Sud con un muro rettilineo Nord-Sud che si diparte dal masso "Cemmo 2", e il piano di calpestio interno viene livellato con ghiaia. Almeno una delle stele dell'età del Rame, la grande "Cemmo 9", viene re-istoriata sui fianchi con figure di stambecchi a corna ricurve, dentellate, confrontabili con quelli della Roccia degli Stambecchi dell'Arcelle Neuve nelle Alpi francesi, databili alla seconda età del Ferro (IV-III sec. a.C.).
Il santuario perdura anche in età romana: il recinto murario è sistemato con un piano acciottolato, dove alcuni frammenti di stele calcolitiche sono usati come materiali di risulta e altre stele sono innalzate, riutilizzandole. In connessione con questo livello è stato rinvenuto un frammento di bassorilievo d'età romana ("Cemmo 12"), raffigurante una scena di duello. L'area è in questo momento attraversata anche da una strada della quale si leggono i solchi.
È con l'avvento del Cristianesimo che viene sancita la fine del sito cerimoniale e di culto pagano, che viene disattivato: le stele sono abbattute e in parte buttate in grandi fosse aperte lungo il recinto murario (ad esempio la "Cemmo 9") oppure sono addossate al corpo esterno del muro e sigillate con ciottoli fluviali.
Quest'ultimo intervento si colloca tra tarda romanità e Alto Medioevo e potrebbe essere messo in relazione con la lotta contro l'idolatria delle pietre (la saxorum veneratio), documentata nell'area alpina fin oltre l'XI secolo e messa in atto dalla Chiesa, come provano numerosi atti ufficiali emessi tra IV e XI secolo. Tale condanna potrebbe essersi conclusa con la cristianizzazione dell'area, espressasi con la riorganizzazione di tutta la conca di Cemmo, con la costruzione di una via e di terrazzamenti, datati da alcune monete al XIII secolo, e con la fondazione, in prossimità dell'antico luogo di culto pagano, della Pieve dedicata a S. Siro, santo che secondo la leggenda portò il cristianesimo in Valle.



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