Divinità romana che presiedeva alle selve, affine a Fauno. In seguito Silvano, pur non avendo, a differenza di Fauno, culto ufficiale né festa né sacerdozio, fu considerato il dio dei boschi e della campagna, protettore delle greggi e delle proprietà, ed ebbe culto domestico. Il dio appare in statue, rilievi, mosaici, pitture, sempre barbato, con chioma folta coronata di pino; veste una tunica corta e una pelle caprina. Tiene un falcetto nella destra e un ramo di pino nella sinistra; accanto ha il cane.
Deriva dal dio etrusco Selvans, divinità protettrice della Natura e delle attività agresti. Come le divinità antiche della natura selvaggia era considerato temibile e pericoloso per i neonati e le partorienti. Temuto e venerato dai contadini, era uso placare il dio prima di dissodare un terreno, con una triplice cerimonia che ne invocava la protezione sui pascoli, sulle dimore e sui terreni stessi.
Per proteggere i neonati dalle aggressioni notturne del dio gli antichi romani invocavano tre dei protettori: Pilunno, Intercidona e Deverra.
In origine, era un epiteto del dio Fauno o di Marte e solo successivamente assunse il grado di divinità autonoma. Veniva spesso identificato con Pan o con Sileno, spesso si trova unito al nome di Marte. Il suo culto era vietato alle donne.
Secondo la leggenda, dopo la cacciata da Roma di Tarquinio il Superbo, ammonì l'esercito etrusco, desideroso di riportarlo sul trono, di non attaccare i Romani, mettendolo in fuga.
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