domenica 5 luglio 2015

I SABBA DEMONIACI



Il concetto di patto con il diavolo ha sempre affascinato l’uomo e gli episodi, in epoca storica, sono innumerevoli. L’Italia, tra l’altro sede del Vaticano, non fa eccezione e difatti, nel Rinascimento, la magia, la negromanzia, la divinazione e le sottili arti esoteriche conobbero momenti di grande popolarità specialmente nelle élites intellettuali: l’accostamento alle arti oscure fu senz’altro favorito a causa della nascita del mito di Faust, ossia un mago che aveva promesso l’anima al diavolo in cambio della rivelazione dei segreti della conoscenza.

In realtà Johann Georg Faust fu un personaggio reale vissuto tra il 1480 e il 1540, alquanto stravagante e dotato di grande cultura: pare che fosse un astrologo, un guaritore, un medico, un esorcista e uno studioso esoterico che viaggiava spesso per sete di conoscenza. 

Al mito di Faust contribuì enormemente il poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe con l’opera Faust (scritta tra il 1793 e il 1832) nel quale Faust si confronta con Mefistofele e altri demoni sancendo un patto di sangue ma, al momento di onorarlo, non finisce all’inferno e la sua anima viene salvata dalla dannazione eterna grazie alla passione e alla sincerità che impiega per perseguire i propri scopi e anche grazie al sacrificio dell’amata Margherita.

Prima di Goethe altri autori e letterati hanno parlato del patto col diavolo e uno dei primi a scrivere qualcosa in proposito fu il poeta francese Rutebeuf che scrisse dramma liturgico, messo in scena nel settembre del 1263. In esso si racconta la storia di san Teofilo di Adana, che vendette l’ anima al diavolo per ottenere potere e ricchezze ma in seguito, pentitosi, viene salvato dalla Beata Vergine.

A partire dal dramma di Rutebeuf molti altri hanno messo in scena commedie e opere musicali con la stessa tematica: col cambiare dei tempi muta anche il ruolo del diavolo che, a differenza della concezione medievale in cui veniva sempre sconfitto, talvolta risulta vincitore e protagonista. 

In passato nemmeno la Chiesa è stata risparmiata dalle accuse di stregoneria e numerosi papi furono accusati, nemmeno tanto velatamente, di essere in combutta con il diavolo. 
Papa Gregorio VII (1073-1085) era considerato agli oppositori protestanti un mago esperto e uno stregone che aveva stretto un patto col demonio. Stessa cosa per papa Benedetto XI (1303-1304) che pare avesse guadagnato il pontificio con l’aiuto della magia e di molti demoni.
Va altresì detto che l’abitudine di attribuire ai papi aiuti da parte del diavolo era un’usanza abbastanza frequente da parte degli anticlericali e degli anticattolici e, in tutto, le accuse coinvolsero circa venti papi: difatti non è difficile rinvenire varie incisioni, stampe e xilografie che mostrano il papa alleato al diavolo.



Sulla pietra di volta di destra del portale ovest della cattedrale di Lione non vediamo uno stregone, ma una strega tra le sculture zodiacali; si tratta di un’opera molto strana del principio del XIV secolo, certo la più antica rappresentazione di questo personaggio in una cattedrale. La sua presenza non può che indicare un implicito riconoscimento da parte della Chiesa della realtà della stregoneria, a differenza di alcuni cristiani moderni, che sarebbero ben lieti di rinnegare queste imbarazzanti tradizioni e con esse il diavolo. La strega qui è nuda, e lo sarà anche nelle incisioni dei sabba del XVI e XVII secolo: cavalca un caprone di cui tiene con la destra un corno mentre con la sinistra fa volteggiare un animale, il classico gatto nero, lo stesso che ritroviamo ancora oggi nell’immaginario collettivo collegato alle streghe. La scena permette di capire quale terrore provocavano a quell’epoca le streghe a causa dell’importanza che si attribuiva ai loro poteri.

E’ quasi impossibile dare una definizione precisa dello stregone: le sue funzioni erano molteplici ed esistevano diversi tipi di stregoni e di streghe, senza contare che questi nomi erano spesso attribuiti abusivamente a personaggi che occupavano posti ben diversi nella scala sociale e che erano ben distanti gli uni dagli altri per il loro grado di cultura. Funzione principale dello stregone era di gettare la mala sorte su coloro verso cui aveva ostilità: invocava su di essi la maledizione dell’inferno, così come il prete invocava la benedizione del cielo, e in questo campo egli si trovava in rivalità diretta e assoluta col mondo ecclesiastico.

Egli poteva, sempre facendo ricorso al diavolo, ottenere benefici e vantaggi temporali per coloro che erano disposti a fare un patto, vantaggi che la Chiesa condannava per la loro origine demoniaca; e anche qui lo stregone si trovava in netta contraddizione col prete, il quale predicava che i beni temporali non possono essere ottenuti senza peccato tranne che da Dio, indirizzandosi a lui, o direttamente o tramite i suoi santi.

C’erano stregoni esperti che conoscevano l’arte di far apparire il diavolo o i demoni subalterni dell’immenso esercito infernale: evidente superiorità sul prete, al quale la teologia impediva di tentare Dio con la richiesta di miracoli e che quindi non poteva provocare alcuna apparizione benevola; altri stregoni, detti necromanti, facevano apparire i morti, operazione che spesso viene confusa con l’apparizione dei demoni da cui invece differisce nettamente.

I fenomeni di invasamento erano spesso associati alla stregoneria. Il capolavoro dell’arte infernale: il sabba, adunata di tutti gli stregoni d’una zona sotto la direzione del diavolo in persona rappresenta l’esempio classico. Non tutti gli stregoni però si recavano al sabba e non tutti erano dediti alle attività tenebrose che abbiamo citato. Molti erano quelli che si limitavano ad esercitare arti meno malefiche: predicevano la buona ventura, leggevano l’avvenire nei tarocchi, interpretavano le linee della mano e si dedicavano alla divinazione secondo svariati procedimenti di cui si trasmettevano misteriosamente le tradizioni. La popolazione girovaga degli zingari pare si sia sempre dedicata in modo particolare a questo genere di stregoneria, mentre gli stregoni “sataneggianti” erano solitamente stabili nel loro paese.

C’erano infine gli stregoni “intellettuali”. Venivano chiamati stregoni perché non esisteva allora il concetto esatto di quello che è oggi per noi lo “scienziato”. L’uomo dotto era l’uomo dei libri, insegnava ex cathedra nell’università senza allontanarsi dalla dottrina della Chiesa e da quella di Aristotele. Ma colui che si cimentava nella manipolazione della materia per strapparle i segreti nell’ombra del laboratorio e per coordinare i primi incerti passi della scienza sperimentale, era ancora una specie di mago, nome che spesso gli veniva dato perché allo studio dei segreti della natura affiancava volentieri attività psichiche.

In tutte le città della Germania, dell’Ungheria, delle Fiandre e del Brabante nel medioevo c’era sempre un vecchio che viveva isolato in una casa misteriosa, in fondo a qualche vicolo cieco, col catenaccio alla porta ineluttabilmente sprangato in faccia ai curiosi e agli intrusi. Mezzo orefice e mezzo antiquario, veniva ritenuto estremamente ricco; talvolta aveva una figlia graziosa che si faceva vedere soltanto a messa e che non sapeva nulla dell’attività del padre. Si immaginava che egli leggesse negli astri e cercasse di trasformare i metalli (di notte si sentiva l’ansare dei potenti mantici dei suoi fornelli) e che creasse degli automi, ma in realtà non si conosceva il segreto delle sue pratiche, tanto che per darne una spiegazione accettabile si finiva col concludere che aveva venduto l’anima al diavolo e lo si chiamava dunque stregone.

Ci furono anche monaci ai quali si diede questo appellativo: Ruggero Bacone e Alberto Magno, che divenne arcivescovo di Ratisbona in Baviera, si lasciarono alle spalle fama di stregoni. Ci furono anche dei re, come Enrico III e sua madre Caterina De’ Medici, e persino dei papi: il papa San Leone Magno vissuto nel V secolo, il papa Onorio del VII secolo e il papa Silvestro II dell’undicesimo secolo furono tutti, a torto o a ragione, ritenuti stregoni e si attribuirono loro diverse magie.

Numerosissimi nei secoli passati gli stregoni di campagna. Non sono ancora completamente scomparsi in Europa, ma se ne incontrano ancora nei paesi balcanici e della ex Jugoslavia. Quanto agli stregoni di città, oggi sono rappresentati dalle chiromanti, dalle cartomanti e dagli astrologi; la scienza di questi ultimi ha visto nella prima metà del secolo scorso un vero e proprio rifiorire ed essi sono attualmente numerosi in Francia, in Germania, in Danimarca, in Inghilterra e soprattutto negli Stati Uniti. Analogamente i moderni alchimisti si ricollegano come un tempo alla scienza analitica e sperimentale. Non di rado si chinano sui libri del passato chiedendosi se gli antichi non abbiano avuto con centinaia di secoli di anticipo l’intuizione delle più avanzate teorie moderne.



La strega è la schiava del diavolo e ha contribuito in maniera significante alla sua  diffusione e dei suoi seguaci ed esiste una sterminata bibliografia (soprattutto gli atti dei processi inquisitori) in cui sono narrate le nefandezze compiute dalle streghe durante i sabba.. 

L’ora dell’incontro avviene circa due ore prima della mezzanotte che è il momento migliore per qualsiasi manifestazione demoniaca. Il diavolo presiede la riunione e troneggia al centro del rito assumendo le terribili spoglie di un capro o di un cane: le streghe si avvicinano a lui per adorarlo e inneggiarlo muovendosi in posizioni alquanto stravaganti. Offrono al signore degli inferi vari tipi di candele nere o ombelichi di bambini e gli baciano l’ano. Il diavolo, assieme ad altri demoni, presenzia personalmente il banchetto che viene da costui benedetto con blasfemie. Alla fine del banchetto ogni demone prende per mano una discepola sotto la sua custodia e inizia così un folle turbinio di oscene danze, canti sacrileghi e orge sfrenate in cui non si distinguono più i demoni dalle streghe.

Il diavolo ricompensava le streghe e i seguaci con prodotti magici per operare malefici, oppure polveri e unguenti per volare o trasformarsi in bestie. 

Le streghe, e in minor parte gli stregoni, entravano a far parte del gruppo sabbatico perché scelti direttamente dal diavolo o perché, molto più verosimilmente, parenti di un’altra strega.

Il demonio evocato, prima di assumere le sembianze di uomo, si rivelerà nelle forme più strane e aberranti e il mago dovrà stare bene attento a rimanere dentro il cerchio protettore perché, in caso contrario, verrebbe fatto a pezzi.

Il cerchio magico ha origini molto antiche e serve a proteggere l’incolumità dell’evocatore e, pur non potendolo identificare come un reale spazio fisico e materiale, ha la funzione di isolare le energie che possono distrarre e crea l'atmosfera adatta per i riti. Strumento essenziale nella Wicca e in passato utilizzato anche dalle streghe, il cerchio è più assimilabile a una sfera di energia che permette di varcare le soglie dello spazio e del tempo.

Il mago quindi dovrà porre molta attenzione a non mettere fuori dal cerchio nemmeno un dito perché i demoni non sono contenti di essere sottomessi dal mago e lo fanno solo per la preziosa ricompensa dell’anima ma, al primo passo falso dell’evocatore, sono ben lieti di ribellarsi e nuocere.

Innanzitutto è necessario essere sicuri circa l’identità del demone desiderato e non è affatto consigliabile disturbare Satana in persona se un suo subalterno è sufficiente a soddisfare i desideri del mago, inoltre, due giorni prima dell’evocazione è necessario recidere un ramo da un albero di nocciole selvatico con un coltello nuovo. Il ramo non deve mai aver mai prodotto frutti e deve essere tagliato all’alba. 

È inoltre importante scegliere un luogo isolato dove potersi concentrare e cominciare a tracciare sul pavimento il cerchio magico con una pietra sanguigna (ematite): all’interno del cerchio deve essere tracciato un triangolo ai lati del quale vanno poste due candele e alla base devono essere incise le lettere J, H, S (iniziali di Iesus Hominum Salvator) fiancheggiate da due croci. Poi ci si posiziona all’interno del triangolo stringendo in mano sia il ramoscello di nocciolo, sia la carta su cui precedentemente sono state scritte le richieste. A questo punto si è pronti per evocare il diavolo con un rito prestabilito con il quale ci si rivolge alle principali gerarchie infernali: Lucifero in primis, poi Belzebù, Astaroth e a seguire Lucifuge.

In pratica si costringe il demone a manifestarsi e, quando Lucifuge apparirà, chiederà subito spiegazioni specificando che non potrà soddisfare il comando del mago (solitamente l’evocatore chiede al demonio ricchezza e potere) se costui non abbandonerà il corpo e l’anima entro vent’anni.

E questo è il momento più delicato dell’evocazione perché il mago deve costringere all’obbedienza il demone senza promettergli niente.

Per cercare di aggirare l’ostacolo il libro nero consiglia di gettare fuori dal cerchio la pergamena con il patto firmato col sangue e di promettere al grande Lucifuge di ricompensarlo tra vent’anni per tutti i tesori che avrà rivelato. I demoni sono restii a concedere la propria firma e la custodiscono gelosamente quindi, con estrema probabilità, il demonio non accetterà e il mago dovrà insistere fino a che non avrà ottenuto quanto pattuito.

Quando il demonio avrà accettato di condurre il mago ai tesori nascosti, egli dovrà seguirlo facendo attenzione a uscire dal cerchio esattamente nel punto indicato nel cerchio magico e dopo averlo ringraziato.

Nella magia (religione-folklore) vaudou sono presenti le possessioni e soprattutto i patti di sangue. 

In un bosco alcuni uomini privi di vestiti sono seduti e disposti in cerchio. Al centro del cerchio c’è una bevanda sacra (che aiuterà nella trance) e un animale che verrà sacrificato. Il fruscio della brezza notturna e dei rumori del bosco si mescolano ai bisbigli sussurrati degli uomini che, nel frattempo, si incidono la pelle della mano tra l’indice e il pollice. Il coltello utilizzato è passato di mano in mano fino a che, l’ultimo uomo lo getterà via fuori dal cerchio: in questo modo inizia un patto di sangue vaudou e, ancora una volta, risaltano gli elementi del cerchio, dell’animale da sacrificare e del sangue.

Non a caso i maghi stringono un patto di sangue con il diavolo poiché questo fluido rappresenta il vettore della vita strettamente connesso ai contenuti spirituali e ultraterreni dell’essere umano: questo concetto si tramanda nel tempo ed è presente in quasi tutte le religioni, rituali, superstizioni e tradizioni conosciute. Scambiarsi, mescolare o addirittura bere del sangue ha da sempre significato assumere un impegno indelebile che va al di là del tempo ed è soprattutto questo il motivo per cui si fa un patto di sangue. 

Nei primi anni del 1600, nel monastero di Loudun (Francia), vi fu un caso di possessione diabolica di massa che, come si evince dai documenti degli inquisitori, fu causato dal sacerdote Urbain Grandier che strinse un patto scritto con le più alte gerarchie infernali (e per questo fu giustiziato sul rogo).

Il risultato fu che tutte le monache del monastero furono preda dei demoni e, in particolare, l’eccentrica e giovane suora Giovanna Degli Angeli figlia del barone Louis Bécier. In aiuto di Giovanna fu inviato un prete, Padre Gault, che durante vari esorcismi riuscì a espellere alcuni demoni e fu talmente accorto e minuzioso da farsi scrivere un patto scritto addirittura firmato dal demone Asmodeo (tramite la mano di Giovanna). 

Questo documento, la cui veridicità è tutt’ora in discussione, è conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi ed è così traducibile: “Prometto che per lasciare questa creatura, le farò sotto il cuore un taglio lungo quanto una spilla che forerà e insanguinerà camicia, busto e vestito. E domani, sabato 20 maggio, alle ore cinque del pomeriggio, prometto che i demoni Gresil e Amand faranno simili fori, ma un pochino più piccoli. Inoltre approvo le promesse fatte da Laviathan, Behemot, Beherie e dai loro compagni, di firmar, partendo, il registro della chiesa di Santa Croce.
Addì, 19 maggio 1629.
Asmodeo”

L’antica arte dell’evocazione dei morti (negromanzia) è sempre stata strettamente imparentata con l’evocazione diabolica: anche gli spiriti infatti venivano evocati per rivelare i tesori che loro stessi avevano nascosto quando erano sempre in vita oppure per rivelare il futuro.

La musica come divertimento, come base ritmica per la trance, come ispirazione per la meditazione e come stimolo per la trasgressione. La musica come bene e come male, da sempre.
Dalla condanna nei confronti delle musiche rozze e rituali che si riteneva accompagnassero i sabba (reminiscenze di precedenti culti pagani) sino al mito dei messaggi satanici nascosti tra le righe dei testi rock, il legame tra musica e demoniaco ne segna la storia.

Tra i maggiori ispiratori di musiche travolgenti possiamo indubbiamente annoverare il diavolo.
Nel repertorio classico ci sono riferimenti diretti a una ispirazione che si è tramandata nei secoli, sulla linea di uno stereotipo affascinante quanto misterioso, gotico e spaventoso. E così come le altre arti anche la musica ha seguito l’andamento ciclico del gusto e il diavolo è ricomparso qui e là a rendere talvolta più cupe e altre volte più sferzante i brani.

Tutta la storia del rock, le sue canzoni, le interviste dei divi, le loro combattute esperienze sono attraversate da problematiche tipicamente cristiane: il rapporto tra disobbedienza e fondazione di nuove regoole, il mistero e le tentazioni del successo e la difficolta' di essere leader, il messaggio di speranza rivolto ai poveri e agli umili della terra, il trovarsi meglio tra bambini, puttane, ladroni di strada, poveri di spirito e sbandati che tra i ricchi, i colti e i potenti, il passaggio dalle catacombe all'istituzionalizzazione, il bisogno di fede e di eresia, il conflitto tra la carne e lo spirito, l'ondeggiare perpetuo trai i rituali di massa e il piu' totale isolamento individuale, la capacità di rivolgersi a tutti e di parlare ai singoli.
Di questo cristianesimo la parte bianca del rock ribelle ha senza dubbio sottolineato gli aspetti scandalosi, antagonisti e luciferini, ma tenendosi lontano dalle smargiassate, troppo innocue per essere efficaci, e in qualche caso (raro per la verità) prendendo le distanze dal culto del denaro, del potere e del successo, sapendo essere con gli altri, anzi essere gli altri nei momenti (forse) giusti e preferendo essere 'altrove', anche a prezzo della morte, nei momenti (forse) sbagliati. Questo rock ha insieme saputo riproporre i valori piu' autentici del cristianesimo evangelico, quei valori che spesso i teologi della Chiesa-Istituzione hanno dimenticato..


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